Diario di un Sopravvissuto dell’Era Oscura Parte 1

Nessuno di noi poveri mortali era pronto alla catastrofe che si abbattè sul mondo nel 2008 e ancor meno a quello che sarebbe seguito.

Io ero ancora un bambino, ma certe cose non si dimenticano: ricordo come se fosse ieri, la grande nube dal colore del sangue rappreso che splendeva di una luce sinistra e annunciava solo morte, che oscurò il sole per sempre, la gente che urlava terrorizzata per le strade o dalle finestre.

Quello stesso giorno cominciarono ad accadere eventi di indicibile orrore: si susseguirono rapine ed omicidi, la gente sembrava essere in preda ad una furia collettiva senza limiti. Ci barricammo in casa con la mia famiglia, mio padre che col suo fucile da caccia teneva costantemente d’occhio la strada, dandosi il cambio con mio fratello Salvo che a 16 anni era dovuto diventare un uomo.

Passammo almeno quattro settimane di terrore, e non ho mai capito come riuscissimo a procurarci da mangiare, mentre tutto intorno a noi il mondo era sottosopra e se ne andava in malora. Il peggio però era ancora alle porte, e al trentesimo giorno di caos, giunsero loro, i vampiri!

Sembravano usciti dal più pauroso racconto dell’orrore e cominciarono ad assalire chiunque si trovasse sulla loro strada; un nostro vicino, che rientrava dopo aver saccheggiato un supermercato, fu assalito da un paio di quei mostri, i vampiri, prima di raggiungere la porta di casa e divorato sul posto, almeno così mi raccontò mio fratello Salvo che giurò di avere assistito alla scena.

Un altro, forse stanco di assistere a quell’orrore, preferì offrirsi volontario al massacro e sparì nella Notte. i vampiri vagavano per le strade in cerca di carne fresca, e si accontentavano anche di qualche cane randagio. Alcuni entravano nelle case e ne divoravano gli occupanti: l’aria era invasa dalle grida di terrore e di agonia, mi ste alle loro grida di giubilo e dal fetore dei corpi in rapida putrefazione.

In breve, l’unico luogo che conservasse un poco di protezione dai vampiri divenne la chiesa madre del paese, in cui si rifugiarono più di seicento o settecento persone. In meno di due mesi, la popolazione si era ridotta ad un quarto, quei pochi che rimanemmo fummo chiamati “i sopravvissuti”. Un giorno, ammesso che si potesse definire a quel modo, giunde un ultimatum da parte dei vampiri: arrenderci e riconoscere loro quali nuovi dominatori del pianeta, potendo quindi sopravvivere per qualche tempo, o venire divorati subito dal primo all’ultimo. A quel punto, mio padre fu invaso dall’ira e si precipitò fuori di casa col fucile spianato, nel vano tentativo di ammazzarne uno, ma fu subito raggiunto da un branco di quei mostri e divorato lì, in mezzo alla strada, davanti ai nostri sguardi pieni di sgomento orrore. Mia madre urlò come un’ossessa per oltre un quarto d’ora nella sua stanza chiusa a chiave, poi all’improvviso più nulla.

Mio fratello riuscì a mantenere il controllo, e seppure i suoi occhi fossero velati di lacrime, erano anche accesi di una luce di odio infinito, verso quei mostri, i vampiri che avevano distrutto le nostre vite e la nostra famiglia. Salvo ad un certo punto mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso la porta che dava sul giardino.

– Dobbiamo subito fuggire, arrivare in chiesa! Prendi questi.

Mi porse due oggetti di legno, ovvero un paletto che aveva ricavato da una gamba del tavolo in soggiorno e un crocefisso, raccomandandomi di tenere bene in vista l’uno e stando pronto a ficcare l’altro nel petto di uno di quei mostri schifosi, alla prima occasione. Anche lui possedeva quella singolare “attrezzatura” anti-vampiro. Presi fra le mie mani tremanti quegli oggetti che potevano rivelarsi l’unica speranza di sopravvivenza, almeno per qualche tempo.

– Corri senza fermarti per nessun motivo, va bene? Stammi vicino.

Raggiungemmo la porta che dava nel giardino, e dopo avere controllato che non ci fosse nessuno, o meglio nessun vampiro, Salvo mi tirò e cominciammo a correre. Ci muovavamo in silenzio, protetti dalla stessa oscurità che permetteva a quei mostri di spostarsi anche in quello che sarebbe dovuto essere il pieno giorno.

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